lunedì 7 febbraio 2011

TARTANA SANTOS 005

 
Per realizzare questo tipo di imbarcazione si ha la necessità di costruirsi uno scaletto che contenga tutta la struttura .

Ora che ho disegnato i quinti e la carpenteria assiale posso passare a disegnare tale accessorio dato che sarà la prima cosa che dovrò costruire.
Per questo scaletto mi sono basato, per la realizzazione, sul materiale che avevo in casa.
Di solito il piano superiore si posiziona seguendo l’ insellatura del ponte, io in questo caso ho seguito una linea d’acqua più bassa rispetto alla linea dell’ insellatura, ho dovuto adottare questa  soluzione dato che in corrispondenza della linea del ponte si ha la fine dei quinti proprio per il fatto che in quel punto esiste il taglio che devo realizzare per poter aprire tale imbarcazione per far vedere l’ interno.
Penso che tale soluzione e cioè quella di aver scelto una linea d’ acqua sia la più corretta rispetto a quella del cavallino del ponte questo solo per un corretto sviluppo del piano stesso.


Una curva concava si dovrebbe suddividere in n segmenti lineari per riuscire a rappresentarla su un piano, più segmenti si realizzano e minore è l’ errore, inoltre anche una volta riuscito ad ottenere tale piano, nel momento in cui si dovrà montare nello scaletto si possono avere dei problemi di allineamento.
Nel caso invece di una linea d’ acqua, essa è già un piano quindi  non si hanno problemi nel disegnarlo e realizzarlo, ha inoltre un’ altezza ben precisa e si può anche disegnare un riferimento della stessa su tutti i quinti.
Sulla base di queste considerazioni a prescindere da quello che molto spesso si vede, io seguirò questa idea.
La base come i due laterali li ho realizzati con multistrato da 10mm di spessore mentre la base che funge da morsa alla chiglia e il piano superiore li ho realizzati in MDF da 4mm di spessore.
Il progetto costruttivo delle singole parti che compongono tale scaletto saranno visibili al capitolo 4 “Progetto” .
Durante la fase di realizzazione di questo progetto mi è venuta un’ idea per una prossima realizzazione di uno scaletto, che inserisco qui per non dimenticarla specialmente che tutto questo mio scritto servirà per costruire le basi per la realizzazione dei miei sogni che è la Vespucci.
Ho pensato di realizzare un attrezzo in metallo che abbia la possibilità di adattarsi a qualunque tipo di imbarcazione o almeno a quelle in scala 1:40 – 1:50 e che possa disporre i quinti in maniera perfettamente perpendicolare rispetto alla chiglia.
Il tutto gestito da un PC a controllo numerico.

domenica 6 febbraio 2011

TARTANA SANTOS 004

Sulla base della tabella descritta in “ modulo di costruzione” a pag 16 ora abbiamo delle informazioni utili per sviluppare il disegno partendo da quello rappresentante le linee d’acqua.
Dalla tabella sappiamo che:
-          La chiglia dovrà avere queste dimensioni 5,5x6,5
-          Le costole al madiere sono 3.3x5,5
-          Le costole alla coperta sono 3,3x3
-          Il paramezzale è 7,5x7,5
-          Il dormiente di coperta è6x2.5
-          I bagli di ponte sono 4x4
Con questi dati si può iniziare la fase di progetto,inserendo la chiglia con il dritto di prua e quello di poppa, ovviamente in questo momento mancano le informazioni in merito a come sono realmente realizzati i dritti, ma le forme esterne sono presenti sul disegno delle linee d’acqua quindi abbozzerò una forma che verrà corretta in seguito.
Fatto ciò devo posizionare i quinti ma devo definire l’ intervallo dei stessi.
Ogni quinto è formato da due costole appaiate, cioè da due strati di legno di uguale spessore uniti assieme; l’ intervallo tra le costole è la distanza fra la faccia prodiera di un quinto e la faccia poppiera del quinto successivo, essa è uguale alla grossezza del doppio strato di legno del quinto più una maglia fissa da mantenere costante nella misura di 16 cm, qualunque sia il Modulo di Costruzione.
Quindi nel mio caso reale, avrei un intervallo fra le costole = ( doppio strato delle costole 13,2 +13,2 cm) + ( maglia fissa 16 cm) =  42,4cm; questo nel reale.
Ora riportando alla scala che sto adottando e cioè 1:40 l’ intervallo diventa 10,6mm
Aggiungo una osservazione: queste norme si riferiscono al tipo di costruzione adottato nel nostro paese e forse in altri paesi dell’ area mediterranea; in Inghilterra per i grandi velieri si seguivano altre regole; così per quanto riguarda l’ intervallo fra le costole si adottava la regola room ad space, cioè l’ intervallo era uguale al doppio spessore del quinto senza l’ aggiunta della maglia fissa di 16cm. Le costruzioni americane, dove veniva impiegato largamente il pino oregon o il pino giallo, avevano strutture sovradimensionate e l’ intervallo fra le costole nei grandi velieri era anche inferiore allo spessore del doppio strato con cui erano formati i quinti. ( tratto da: “ Come costruire un modello di veliero” )
A questo punto ho le informazioni base per poter iniziare il disegno .
La lunghezza totale di questa imbarcazione è di 22,47m e nel disegnare la chiglia la ho inizialmente suddivisa in due con un incastro a palella poi ho disegnato anche il paramezzale dividendolo sempre in due parti, anche esso con incastro a palella, ma esaminando il disegno mi sono reso conto che tali incastri venivano a trovarsi circa al centro dell’ imbarcazione e ciò non mi dava un senso di robustezza della stessa ma avevo creato un punto debole su tutta la struttura quindi ho deciso di dividere la chiglia in tre parti sempre con incastro a palella come la controchiglia, il paramezzale lo ho lasciato diviso in due parti come la sottochiglia, facendo così ho aumentato notevolmente la robustezza della struttura.

Questa immagine rappresenta la vista dall’ alto e di fianco della nuova imbarcazione che sto disegnando con Autocad; sono presenti le linee d’acqua, la chiglia con i dritti di poppa e prua, e i 29 quinti ognuno composto da due costole.
Come si può vedere dal disegno della vista laterale, si nota che i quinti sono più bassi rispetto al dritto di poppa e a quello di prua, si vede anche il cavallino del ponte, questo perché quella zona è interessata alla suddivisione della stessa per poterla aprire.
La soluzione da me studiata al fine di raggiungere tale scopo è quello di tagliare l’ imbarcazione appena sotto la suola, questo mi da la possibilità di nascondere molto bene il taglio fatto; inoltre si ha la possibilità appunto di realizzare due modelli distinti:
1)    lo scafo completamente con la vista dall’ alto di come è realizzato nel suo interno nei minimi dettagli.
2)     il ponte nella sua totalità che alla fine può essere paragonato ad un coperchio.
Per quanto riguarda i bagli essi saranno suddivisi nel seguente modo: alcuni sono solidali con lo scafo altri con il ponte .
Il lavoro un po’ più complicato per tale suddivisione riguardano: l’ albero maestro, il pilastro dell’ argano con le relative catene dell’ ancora, per queste tre parti rimando più avanti la descrizione del metodo che troverò più soddisfacente.
Ora sulla base di queste idee e con il proseguo dello studio si può iniziare a realizzare il progetto di questa imbarcazione con la premessa ovviamente di realizzare anche materialmente ciò che disegno.

TARTANA SANTOS 003

CARATTERISTICHE DI BASE
Tale imbarcazione sarà totalmente auto costruita dalla realizzazione del  progetto alle parti che la compongono.
Sarà lasciata a legno naturale e non vernicerò nulla ad eccezione di alcuni componenti metallici, questa decisione è stata presa per cercare di lavorare il meglio possibile.
Dovrà essere studiato un modo tale da poterla dividere in due parti tale da poter vedere l’ interno della nave senza però pregiudicare la vista dell’ insieme.
Il legno utilizzato sarà tutto lavorato da tavolette di parquet 60x10x300 o similare
Come già detto non seguirò la storicità del modello in questione ma solo la storicità del periodo.
Bozzelli, bigotte, manovre, vele ecc  anche esse saranno auto costruite.
Altra cosa che ho intenzione di fare è quella di rendere funzionante tutti i particolari come ad esempio: cerniere, argani ecc.

TARTANA SANTOS 002

PROLOGO
Questa è la mia prima esperienza nell’ eseguire un modello in arsenale,  sino ad oggi ho realizzato modelli in scatole di montaggio o seguendo i piani di costruzione di modelli da KIT, da questo si può dedurre che non ho le  conoscenze adeguate per intraprendere questo nuovo genere, altresi ho anche deciso di non seguire monografie in arsenale di modelli noti dato che non mi avrebbero dato i presupposti per comprendere come veniva realizzata un’ imbarcazione e i motivi di tali scelte costruttive del tempo ma diventava come realizzare un modello da kit nel senso che dovevo prendere per buono ciò che la monografia stessa descriveva.
La soluzione che ho ritenuto più consona alle mie esigenze modellistiche è quella di studiare e fare ricerca in prima persona, sono consapevole che tale lavoro sarà molto impegnativo ed essendo la prima volta mi scontrerò con problematiche dove le risposte non saranno sufficienti;  questo è lo scotto che devo mettere in preventivo, in fondo non si nasce imparati e si deve sempre iniziare da qualcosa.
Tutta questa mia nuova esperienza sarà descritta in questo volume come se fosse un diario, dove annoterò tutto ciò che penso e faccio in modo che rimanga sempre una traccia dei miei pensieri anche in un futuro proprio per avere la possibilità nel tempo, e per questo tipo di lavoro il tempo di realizzazione è lungo, di esaminarlo ripetutamente e scoprire, di volta in volta che si approfondiscono dei discorsi, che le cose posso essere diverse.
Questo modo di procedere è quello che reputo più corretto per il mio modo di pensare il modellismo, prima perché si cerca di capire ogni singolo pezzetto di legno la funzione che ha e secondo, quando si passa alla fase realizzativa si cerca di migliorarsi manualmente.
Con questo mio lavoro non ho nessuna velleità sulla riuscita o meno del modello preso in considerazione ma quello che mi aspetto e che lo reputo di maggior soddisfazione è che mi dia quelle giuste stimolazioni per poter seguitare in questo mondo avendo come scopo finale la crescita progressiva delle mie conoscenze.
Il mio carissimo amico Francesco Onesto mi ha passato molta documentazione in merito alla Tartana Ligure,  ho iniziato ad esaminarla e studiare per avere mentalmente un quadro più preciso sul modello stesso.
Da tale documentazione ho prelevato solo il disegno delle linee d’ acqua che sarà l’ unico disegno che seguirò come base per la realizzazione dello scafo, per tutto il resto mi baserò su testi di letteratura  che Francesco mi ha passato e continua a farlo.
Ovviamente un’ altra cosa che farò volutamente è  il non rispetto storico del modello in questione, questa decisione la ho presa, anche se sono consapevole che l’ ambientazione storica è determinante in questo settore, solo per il fatto che ho iniziato ora questa nuova strada dell’ arsenale che ci sono molte cose da studiare e capire che mi rimarrebbe molto difficile affrontarle tutte in maniera scrupolosa; per far ciò ho quindi deciso di seguire un iter di studio a gradini.
Questo primo gradino sarà quello di avere un’ infarinatura generale sull’ architettura navale Francese ed Inglese cercando nei limiti del possibile inserirle in questo mio lavoro.
Una volta finito questo lavoro e riprendendo con un nuovo modello solo allora posso approfondire nel dettaglio tutta la realizzazione questo per il fatto che ho acquisito ora almeno le basi di conoscenza necessarie per affrontare un livello superiore.

TARTANA SANTOS 001

I dati linguistici e letterari sembrano indicare che la tartana fosse in origine, nel Trecento, una piccola imbarcazione provenzale o catalana, adibita alla pesca.
Già nel 1600 essa era cresciuta di dimensioni ed era usata anche come mezzo di trasporto, non solo su brevi distanze, talchè la marina spagnola l’ utilizzò nell’ Atlantico ( e, chissà nel Pacifico ).
Fortunatamente l’ iconografia ci fornisce un quadro dettagliato dell’ apparenza della Tartana per il periodo postmedievale. Nel 1600 troviamo infatti alcune imbarcazioni raffigurate nei minimi dettagli e definite con certezza “ tartane”.
Fra di esse vi sono mezzi di trasporto di discreta portata come le tartane a due alberi latini di Jean Jouve, che sono le più antiche raffigurazioni di navi esplicitamente denominate tartane.
Anche l’ Architectura Navalis Mercatoria di Chapman (1769) e l’ album maltese della fine del 1700 riportano tartane a due alberi latini.
Alla fine del 1700 compaiono tartane a due alberi, uno dei quali attrezzato a vela quadra; è il caso della tartana napoletana del Baugean ( inizio 1800)


L’ attrezzatura tipica delle tartane del 1800 era semplicistica, consistendo in un albero a calcese che portava una vela latina e uno o due fiocchi. Con cattivo tempo, le tartane si servivano però di una piccola vela quadra di fortuna.
Nell’ ultimo periodo velico la tartana era un naviglio di media portata; Guglielmotti le attribuisce 30-60t, senza specificare se si trattava di portata o di stazza.
Una statistica sulla marineria ligure della Restaurazione (1815) menziona parecchie tartane tutte comprese tra 30t e 60t di stazza.
Lo scafo, nei tempi più antichi, aveva un lungo sperone che serviva per la murata del fiocco. Più tardi fu introdotto un bompresso, e lo sperone si ridusse di molto. La poppa a cuneo rimase invece sempre una caratteristica della tartana, o almeno della tartana occidentale. Diciamo così, perché in Adriatico correvano sotto questo nome imbarcazioni molto differenti. Queste barche erano infatti un po’ simili ai bragozzi, avevano fondo piatto, prua e poppa arrotondate, ritto e ruota curvi e rientranti. Andavano con vele al terzo  su due alberi.
L’ omonimia è spiegabile con l’ introduzione in Adriatico della pesca “trattana” per opera di pescatori provenzali, all’ inizio del 1600. In conseguenza, alcune barche adriatiche furono ribattezzate di punto in bianco “ tartane” proprio perché praticavano quel tipo di pesca.
Ma la questione dei rapporti fra le “tartane” occidentali e quelle dell’ Adriatico è più complicata: bisogna tener presente che questa imbarcazione nel bacino occidentale del Mediterraneo era usata sia per la pesca sia per il trasporto.
Ora, le “tartane” compaiono in un manoscritto del 1686 opera del capomastro Stefano de Zuane, che è fra i documenti più interessanti provenienti dall’ Arsenale di Venezia.
Questo manoscritto riporta alcune ordinate di tartana che sembrano in tutto e per tutto simili a navi di media dimensione come se ne costruivano comunemente in quell’ epoca.
Semmai i disegni di Stefano de Zuane mostrano uno scafo piuttosto affinato e stellato, privo di fondo piatto. L’ autore commenta che le tartane provenzali e liguri veleggiavano mirabilmente, portandosi sempre sopravvento più di ogni altro bastimento ed aggiunge che a Venezia se ne erano fatte più d’ una e che gli era sembrato perciò utile darne notizia. Per Stefano de Zuane le tartane erano le barche “de commerce” ritratte da Jouve, e non le barche adriatiche di vario tipo battezzate tartane perché pescavano alla tratta.

La tartana generalmente aveva una lunghezza di 16-20m ( fino a 25 secondo alcuni) ed un coefficiente di finezza  circa 3,5. Veniva spesso utilizzata nel passato sui mari italiani prevalentemente per il cabotaggio e la pesca.