domenica 6 febbraio 2011

TARTANA SANTOS 001

I dati linguistici e letterari sembrano indicare che la tartana fosse in origine, nel Trecento, una piccola imbarcazione provenzale o catalana, adibita alla pesca.
Già nel 1600 essa era cresciuta di dimensioni ed era usata anche come mezzo di trasporto, non solo su brevi distanze, talchè la marina spagnola l’ utilizzò nell’ Atlantico ( e, chissà nel Pacifico ).
Fortunatamente l’ iconografia ci fornisce un quadro dettagliato dell’ apparenza della Tartana per il periodo postmedievale. Nel 1600 troviamo infatti alcune imbarcazioni raffigurate nei minimi dettagli e definite con certezza “ tartane”.
Fra di esse vi sono mezzi di trasporto di discreta portata come le tartane a due alberi latini di Jean Jouve, che sono le più antiche raffigurazioni di navi esplicitamente denominate tartane.
Anche l’ Architectura Navalis Mercatoria di Chapman (1769) e l’ album maltese della fine del 1700 riportano tartane a due alberi latini.
Alla fine del 1700 compaiono tartane a due alberi, uno dei quali attrezzato a vela quadra; è il caso della tartana napoletana del Baugean ( inizio 1800)


L’ attrezzatura tipica delle tartane del 1800 era semplicistica, consistendo in un albero a calcese che portava una vela latina e uno o due fiocchi. Con cattivo tempo, le tartane si servivano però di una piccola vela quadra di fortuna.
Nell’ ultimo periodo velico la tartana era un naviglio di media portata; Guglielmotti le attribuisce 30-60t, senza specificare se si trattava di portata o di stazza.
Una statistica sulla marineria ligure della Restaurazione (1815) menziona parecchie tartane tutte comprese tra 30t e 60t di stazza.
Lo scafo, nei tempi più antichi, aveva un lungo sperone che serviva per la murata del fiocco. Più tardi fu introdotto un bompresso, e lo sperone si ridusse di molto. La poppa a cuneo rimase invece sempre una caratteristica della tartana, o almeno della tartana occidentale. Diciamo così, perché in Adriatico correvano sotto questo nome imbarcazioni molto differenti. Queste barche erano infatti un po’ simili ai bragozzi, avevano fondo piatto, prua e poppa arrotondate, ritto e ruota curvi e rientranti. Andavano con vele al terzo  su due alberi.
L’ omonimia è spiegabile con l’ introduzione in Adriatico della pesca “trattana” per opera di pescatori provenzali, all’ inizio del 1600. In conseguenza, alcune barche adriatiche furono ribattezzate di punto in bianco “ tartane” proprio perché praticavano quel tipo di pesca.
Ma la questione dei rapporti fra le “tartane” occidentali e quelle dell’ Adriatico è più complicata: bisogna tener presente che questa imbarcazione nel bacino occidentale del Mediterraneo era usata sia per la pesca sia per il trasporto.
Ora, le “tartane” compaiono in un manoscritto del 1686 opera del capomastro Stefano de Zuane, che è fra i documenti più interessanti provenienti dall’ Arsenale di Venezia.
Questo manoscritto riporta alcune ordinate di tartana che sembrano in tutto e per tutto simili a navi di media dimensione come se ne costruivano comunemente in quell’ epoca.
Semmai i disegni di Stefano de Zuane mostrano uno scafo piuttosto affinato e stellato, privo di fondo piatto. L’ autore commenta che le tartane provenzali e liguri veleggiavano mirabilmente, portandosi sempre sopravvento più di ogni altro bastimento ed aggiunge che a Venezia se ne erano fatte più d’ una e che gli era sembrato perciò utile darne notizia. Per Stefano de Zuane le tartane erano le barche “de commerce” ritratte da Jouve, e non le barche adriatiche di vario tipo battezzate tartane perché pescavano alla tratta.

La tartana generalmente aveva una lunghezza di 16-20m ( fino a 25 secondo alcuni) ed un coefficiente di finezza  circa 3,5. Veniva spesso utilizzata nel passato sui mari italiani prevalentemente per il cabotaggio e la pesca.

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